Di buon mattino apro gli occhi. Mi sembra di sentire strani rumori fuori della tenda. Quando esco vedo una mucca ed il suo vitellino che brucano tranquillamente, per niente impensieriti dalla mia presenza. [...]
La scenetta bucolica mi spalanca il sorriso. Faccio colazione mentre mamma e piccolo mi gironzolano attorno. Faccio un po’ di manutenzione all’attrezzatura del kayak e, una volta pronto, saluto i due amici a quattro zampe e scendo in acqua. Il mare è una tavola.
Ne approfitto per visitare tutti gli anfratti che mi solleticano la curiosità. All’uscita dell’Anse de Minaccia scorgo, a qualche centinaia di metri più a largo, un gruppo di kayaker.
Purtroppo vanno in direzione opposta alla mia e desisto così dall’iniziale intenzione di raggiungerli. Proseguo ad un buon ritmo, spronato dalla vicinanza della tripla sagoma delle Isole Sanguinarie, ormai prossime.
Su ciascuna sommità delle tre isolette c’è una costruzione. Sulla prima un bellissimo faro bianco con cupola nera su cui volteggiano i rapaci pescatori.
Sulla seconda una costruzione moderna e sulla terza una antica torre genovese.
La terza isoletta è la più bella, con un verde pendio che si immerge dolcemente nel mare. Giro la punta estrema e lo spettacolo è di quelli da scolpire per sempre nella memoria.
Il fruscio del kayak non passa inascoltato ad un pastore tedesco che fa la guardia ad un immenso catamarano.
Sono entrato ormai nell’ampio golfo di Ajaccio. Dopo aver percorso circa una quindicina di km, mi fermo su una deliziosa spiaggetta
dove mi rifocillo un po’ e approfitto della connessione 3G per dare la mia posizione gps sul sito. Sono quasi 24 ore che i miei non sanno che fine abbia fatto! Sull’Anse de Minaccia ero infatti completamente isolato. Quando riparto mi accorgo subito che lo scenario è cambiato. La costa è ad alto grado di antropizzazione
e come se non bastasse, sfilo di fianco ad un immenso cimitero alle porte di Ajaccio.
Ma ecco volteggiare sulla mia testa un enorme falco pescatore.
Lo seguo con lo sguardo senza perderlo mai di vista e finalmente riesco a godermi lo spettacolo della sua picchiata in acqua a qualche decina di metri da me. Che emozione vedere questo enorme uccello ripiegare le ali e precipitare in caduta libera!!! Sono contento come un bambino.
Attraverso tutta la costa di Ajaccio
Attraverso tutta la costa di Ajaccio
e proseguo con il vento a tribordo fino al porto,
dove dovrò decidere se anticipare o far passare un grosso traghetto entrante nel porto. Mi suona da lontano per avvisarmi del pericolo ma secondo i miei calcoli ho tempo a sufficienza per anticiparlo e allontanarmi di parecchio prima che incroci la mia rotta. La decisione di continuare dritto non viene vista di buon occhio dal comandante della nave che inizia a strombazzarmi di brutto. Tutto questo casino attira l’attenzione di una motovedetta della capitaneria di porto che mi raggiunge a tutto gas per dirmi di allontanarmi in fretta. Mi sembra di rivivere le stesse emozioni provate durante il giro dell’Isola di S. Stefano nell’Arcipelago della Maddalena, dove dei militari mi intimavano col megafono di allontanarmi dall’area militare interdetta. Annuisco col capo e continuo a pagaiare a 4 nodi. La motovedetta mi è sempre alle calcagna e il tipo continua ad urlarmi dietro. Sinceramente non capisco il motivo di tanto nervosismo e, ad un certo punto, per sincerarmi della mia posizione, mi giro per un secondo e vedo sfilare il traghetto lontanissimo dietro di me.
A quel punto, ancora ansimante per lo sprint, gli faccio un gesto internazionale di disappunto….diciamo così. Ma non è finita ancora. Viro di 90° a destra e mi ritrovo un forte libeccio al mascone che mi accompagnerà per 6km fino all’incontro con la sponda opposta del golfo. Dopo un’ora di traversata quasi svengo dalla stanchezza e riparo in una sperduta spiaggetta semideserta.
Riprendo le forze e riparto pagaiando il più possibile sotto costa per non incontrare le forti raffiche del mare aperto. La costa va via via spogliandosi della presenza umana
fino a diventare di nuovo selvaggia e brulla, mano a mano che ci si allontana da Ajaccio. La giornata volge al termine e si avvicina la programmata sosta notturna. Con mia grande sorpresa, dopo aver girato verso le 20 Punta della Castagna, scopro che la spiaggia che avevo individuato dalle mappe satellitari non esiste! Il sole mi è appena tramontato dietro le spalle e inizio ad avere anche freddo. E’ un momento delicato. Devo decidere se tornare indietro o proseguire. Tiro fuori il cellulare, nonostante il mare mosso, e vedo che la prossima spiaggia è troppo distante; decido di ritornare indietro all’ultima spiaggia che ho visto. Sono senza forze ma stringendo i denti ce la posso fare. Mentre riattraverso il giardino di roccia di Punta della Castagna,
scorgo una spiaggetta piccola piccola al di là degli scogli. Ok, la spiaggia c’è, ma come arrivarci? Riesco a trovare un corridoio nell’acqua bassissima tra gli scogli ma rischio di toccare il fondo se non prendo bene il tempo tra un’onda e l’altra. Dopo alcuni tentennamenti prendo coraggio e attraverso. “Fortuna juvat audaces”. Riesco a raggiungere l’arenile senza arrecare danno al kayak.
E’ quasi buio. Dopo aver cucinato e montato la tenda c’è solo il tempo di registrare qualche minuto di racconto vocale. Il rumore delle onde frangenti sugli scogli è assordante ma i 51km di navigazione mi fanno addormentare in un attimo.
E’ quasi buio. Dopo aver cucinato e montato la tenda c’è solo il tempo di registrare qualche minuto di racconto vocale. Il rumore delle onde frangenti sugli scogli è assordante ma i 51km di navigazione mi fanno addormentare in un attimo.
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