Mi alzo rincoglionito e stanco. I 55km di ieri me li sento tutti sulla schiena. Devo stringere i denti. Manca ormai poco alla fine del viaggio. Piego la tenda completamente zuppa dell’umidità della notte e prendo il largo dopo la solita lotta con i frangenti a riva e lo skeg rotto. Quando passo vicino all’ingresso dell’Etang d’Urbino,
mi vengono incontro stormi d’uccelli acquatici in formazione a V. La prima emozione del giorno. Supero anche l’ingresso dell’Etang de Sale
e nel frattempo si alza un bel vento da sud che mi spinge con forza. Attraverso chilometri di spiaggia ininterrotta dove vedo solo uomini nudi. Mi tengo prudentemente distante dalla riva ma non basta. Mi raggiungono col windsurf
o direttamente a nuoto.
Rido da solo.
La giornata è caldissima e sono costretto a fare un paio di soste per rinfrescarmi e bere. Le soste con il mare mosso e il litorale sabbioso mettono in crisi il sistema artigianale di fuoriuscita dello skeg. Devo chiedere aiuto a qualcuno per farlo fuoriuscire dopo essere entrato nel kayak. All’ultima ripartenza il tipo lo tira così forte da staccarlo dalla sede e lasciarlo appeso al filo di nylon. Devo tenermelo così fino alla prossima sosta. Il vento monta ancora e diventa pericoloso. Attraverso chilometri e chilometri di costa.
All’ingresso del Port de Taverna lo scirocco forza 5 delle previsioni è realtà. Quasi non riesco a girare il kayak per entrarci dento. L’unico posto dove posso atterrare è una spiaggia melmosa e maleodorante all’interno del porto.
Una specie di discarica a cielo aperto con rifiuti di ogni tipo. Sono costretto a mangiare turandomi il naso. Dopo un’oretta sono talmente nauseato che prometto a me stesso di ripartire al più presto. Le raffiche si intensificano
e spazzano qualunque cosa gli si pari d’avanti. Mi arrampico sui grossi massi del braccio per scrutare il mare. Lo spettacolo è da brivido!
Tira così tanto vento che inizio a tremare dal freddo nonostante la maglia di lycra e il giubbino. Ricorro alla doppia felpa per scaldarmi. Sono bloccato sulla più brutta spiaggia su cui abbia mai messo piede e inizio a disperare di poter ripartire in giornata. L’idea di passarci addirittura la notte diventa il mio incubo. I miei progetti di arrivare domani in mattinata a Bastia stanno fallendo miseramente. Vedo tutto nero. Ma non mi voglio arrendere al destino e decido di scrutare attentamente il mare alla ricerca del minimo accenno di scaduta del vento. Passano le ore ma le raffiche sono sempre impetuose e inizio piano piano a rassegnarmi all’idea di passare la notte in porto. Verso le 19 la svolta; cala leggermente l’intensità delle raffiche. Con il cuore a mille prendo l’ardita decisione di ripartire. Mi assicuro della fuoriuscita dello skeg e percorro i 50m fino all’uscita dal porto neanche fossero gli ultimi metri prima di una cascata. Quando esco vengo investito da un vento che ricorda quello generato da un treno in corsa. La punta del kayak si gira da sola e la mia schiena diventa una vela. Dopo pochi metri il gps segna l’incredibile velocità di 6 nodi! La poppa del kayak viene ripetutamente alzata da onde enormi che schiumano proprio sotto di me. Ogni volta che succede parto in surfata e uso la pagaia esclusivamente per stabilizzare il kayak. Se mi capovolgo è la fine. Non lo voglio nemmeno immaginare. La terra sfila alla mia sinistra a velocità pazzesca. Perdo la cognizione del tempo. La battaglia dura un’ora. Poi, esausto, decido di atterrare. Ho percorso più di 10km nella più folle corsa in kayak che abbia mai fatto. Ho Bastia a 35 km. Se anticipo la sveglia, domani posso farcela ad arrivare in tempo per prendere il traghetto. Lotto con la tenda per una buona mezz’oretta fino a che non riesco a bloccarla sulla sabbia. Senza le canne di bambù come picchetti non ce l’avrei potuta fare. Metto la sveglia alle 5 e nonostante il frastuono della tenda sbattuta dal vento, piombo in un sonno profondissimo.
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