Il gran giorno è arrivato. Mi sveglio alle 5. E’ buio pesto. Mi sento un po’ Guido Grugnola durante una delle sue solite levatacce notturne. La tenda è bagnatissima e mi chiedo come cavolo faccia a ripiegarla così ogni mattina quando parte in kayak prima dell’alba. Mah... Il mare è liscio come l’olio e inizio a pagaiare alle 6:20 con lo sguardo rivolto a oriente per veder sorgere il sole.
Mi separano dalla meta poco più di 30km. So di non poter fare soste. So che, a meno di bisogni impellenti, non potrò atterrare e dovrò pagaiare ininterrottamente per ore e ore fino a Bastia. Mi rinfresco con cappellate d’acqua di mare mentre il kayak è ancora in corsa. Mi fermo ogni tanto per bere e per alzare dal sedile il mio povero sedere anchilosato. Ho delle fastidiose irritazioni sulle cosce dovute allo sfregamento sui premicosce e il contatto con l’acqua di mare mi procura un bruciore a tratti insopportabile. Ma tant’è. Anche la sofferenza fa parte dell’avventura. Del viaggio rimarranno solo i ricordi più belli, mi dico. Pagaio forte e ritmato, su una media di 3 nodi e mezzo. Per guadagnare tempo, percorro una traiettoria rettilinea che taglia tutto il Golfo di Bastia. La navigazione lontano dalla costa diventa solitaria e alienante. Per distrarmi conto le meduse che mi scivolano sotto il kayak. Passano le ore ma mi sembra di non muovermi affatto. La sagoma degli edifici di Bastia impercettibilmente si avvicina. Il tempo scorre a rallentatore. Quando arrivo in vista del porto, sono attentissimo nello scrutare l’orizzonte dietro di me, alla ricerca di qualche traghetto che possa incrociare la mia rotta. Per fortuna non ve ne sono e proseguo sicuro e veloce verso l’ingresso del porto turistico che ho segnato sul gps. Ad un certo punto, da lontano, vedo uscire dal porto l’unico traghetto della Moby presente in banchina. Vengo assalito dal dubbio che, per qualche motivo a me ignoto, sia stata annullata la partenza del traghetto Moby per Livorno. Panico. Decido di non pensarci più e di concentrarmi sulle ultime miglia di pagaiate. Man mano che procedo, la preoccupazione lascia il posto alla felicità. E’ una gioia interiore, intima, che non viene fuori. Quando, verso le 12, la prua del kayak tocca la scivolo del porticciolo turistico dal quale si era staccata 17 giorni prima,
scompaiono d’incanto tutti i dolori, la fatica e la fame di 6 ore e mezza di pagaiata ininterrotte. C’è solo una incontenibile, indescrivibile felicità. Ho circumnavigato la Corsica con la sola forza delle mie braccia.
Riprendo il carrello che avevo lasciato al noleggio e mi incammino fino al porto. Faccio il biglietto e proseguo fino alla banchina. Qui trovo il traghetto che mi riporterà a Livorno. L’imbarco, a parte la ruota del carrello bucata, procederà senza intoppi. Così pure il viaggio fino a casa.
Finisce qui il mio viaggio. Lo dedico, come sempre, a tutti i sognatori, a coloro che non sanno vivere troppo distanti dal mare, a chi sa immaginare un mondo migliore, ai viaggiatori di ogni età che come me vivono di emozioni.
4 commenti
ci hai messo più tempo a descriverlo che ha effettuarlo,ma, hai scritto racconto che rende merito al tuo bellissimo viaggio con tante belle foto complimenti per tutto
andreaformaggi
grazie Andrea! Seguimi su facebook durante il viaggio in Grecia. Così non aspetterai tanto tempo per leggere il diario :D
si Marco, debbo dire che mi hai entusiasmata.
Al tuo fianco - "in spirito" - ho vissuto angosce e felicità.
Grazie del bel racconto e ancora complimenti per l'impresa.
sonia
Ciao Sonia! Grazie...
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